Una celebre classificazione di Roger Caillois elenca quattro componenti fondamentali del gioco: l’agonย o competizione, l’ilinxย o vertigine, laย mimicryย o imitazione e l’aleaย o casualitร . Eppure contro quest’ultima si riscontra, proprio fra alcuni appassionati del mondo ludico, un forte pregiudizio secondo il quale i giochi da tavolo in cui รจ presente un elemento randomico sarebbero meno ben fatti degli altri.
E cosรฌ una mera questione di gusti diventa spesso criterio di valutazione assoluta in schede di valutazione e recensioni: chi non ama la casualitร spesso tende a parlare in termini spregiativi dei giochi che contemplano lanci di dadi e pesca di carte e tessere. Come se gli spettatori che non amano la storia condannassero in blocco i film ambientati nel passato, o chi non gradisce il pomodoro si ergesse critico culinario contro tutti i piatti che ne contengono anzichรฉ limitarsi a non mangiarne lui e lasciare che gli altri ne godano in pace!
Capita dunque di leggere commenti su giochi da tavolo dove si annovera tra i difetti la semplice presenza di un “fattore Cโ: la consonante รจ un’iniziale che non allude a โcasualeโ ma, tra il sarcastico e il denigratorio, a una parte anatomica solitamente identificata come la sede della fortuna. Il parere dell’iperappassionato finisce paradossalmente per coincidere con quello dei non-giocatori piรน impermeabili al gioco, coniatori dell’antico proverbio inglese secondo cui โil miglior lancio di dadi รจ buttarli viaโ.
Il pregiudizio verso dadi e affini รจ probabilmente legato alla ben scarsa stima che i giocatori piรน esperti nutrono di norma verso noti e diffusi giochi da tavolo in cui non solo รจ presente una forte componente aleatoria, ma per di piรน i partecipanti hanno possibilitร di scelte comportamentali scarse o nulle: ad esempio il Monopoly e il gioco dellโoca. Lโavversione per essi, magari aggravata da un certo livore per il successo che riscontrano in misura assai maggiore rispetto ad altri titoli che i fan riterrebbero piรน meritevoli di diffusione e fama, puรฒ istintivamente trasformarsi in diffidenza verso la categoria generale dei giochi con randomizzatori. Ma unโanalisi un po’ piรน razionale e profonda evidenzia come aleatorietร e scarse opzioni tattico-strategiche non siano necessariamente legate tra loro. Tuttโaltro: anche giochi molto ricchi, complessi e a elevato contenuto strategico hanno elementi aleatori, presentandosi cosรฌ come quella โcontesa di fortuna, e d’ingegno fra due, o fra piรนโ che รจ, per Torquato Tasso, la definizione stessa di gioco.
Un perfetto esempio รจ offerto dai giochi di simulazione militare anche molto ampi e strutturati che hanno rappresentato, negli anni โ70 e โ80 del ventesimo secolo, il massimo grado di complessitร raggiunto dal gioco in scatola: migliaia di pedine, metri quadrati di mappe fitte di piccole caselle, regolamenti dettagliatissimi su effetti del terreno e del morale, sull’evaporazione di scorte d’acqua e carburante e sul maggior consumo di acqua da parte delle truppe italiane per via della pastasciutta inclusa nelle loro razioni. Tutto in nome di un estremo realismo e della possibilitร , per i giocatori, di mostrare le stesse doti di sagacia tattica e strategica che hanno reso celebri Rommel e Napoleone, Annibale e Federico il Grande. Massimo impegno per le facoltร intellettive, quindi: ma lโesito di ogni attacco, di ogni combattimento, รจ comunque affidato a un dado. Un paradosso? Nientโaffatto, se mai estremo atto di realismo: anche nella realtร gli strateghi militari non sanno in anticipo se i loro piani possano avere successo o se verranno sventati dalle manovre nemiche o magari da fatti inattesi di qualsiasi genere. Nรฉ possono calcolare con precisione le perdite proprie e altrui come in una partita di scacchi. Lโammiraglio Chester Nimitz, il 27 maggio 1942, cosรฌ si rivolgeva ai suoi collaboratori in vista della Battaglia di Midway: โVoi dovete regolarvi secondo il principio del rischio calcolato, che interpreterete nel senso di evitare di esporre le vostre unitร allโattacco di forze superiori avversarie, senza la prospettiva di infliggere come risultato di tale azione danni maggiori al nemico.โ Se anche gli ammiragli veri pensano in termini di rischio calcolato e spingono i propri collaboratori a farlo, perchรฉ ciรฒ dovrebbe essere vietato agli autori e agli appassionati di simulazioni e di giochi in generale? Non a caso ho trovato la citazione di Nimitz in โStoria del Risiko e l’anello mancanteโ (Novecento Libri 2002), pregevole volume di Convenevole e Bottone in cui i due autori si impegnano a fondo per spiegare come nelle varie versioni del gioco succedutesi nel tempo in molte nazioni, cosรฌ come nelle varianti da torneo, si sia cercato di trasformare il rischio puro rappresentato da dadi e carte in rischio calcolato.
Ed รจ poi quello che ogni buon gioco con motore aleatorio fa: mitigare la casualitร pura intrecciandola con gli effetti delle scelte dei giocatori. Le giร citate simulazioni propongono per esempio vari correttivi al risultato del dado in funzione dei vantaggi tattici che un giocatore riesce a costruirsi, e poi utilizzano il valore ottenuto in una tabella dove la conseguenza effettiva dello scontro dipende non solo dal caso ma anche dal rapporto di forza fra attaccanti e difensori che il giocatore รจ riuscito a costruire, dal terreno scelto per l’attacco e la difesa, dallโeventuale appoggio di artiglieria e mezzi aerei, dallโefficacia del comando e da altri fattori ancora, tutti sotto il controllo dei partecipanti al gioco. In questo modo si garantisce il riconoscimento dellโabilitร di chi gioca e al tempo stesso la realistica imprevedibilitร del risultato.
Peraltro, la presenza di un fattore casuale dร a mio parere un buon contributo al successo di un gioco presso il grande pubblico. Chi perde a scacchi non ha che da incolpare la propria imperizia, la propria inesperienza, le proprie scelte: non ha scuse o alibi, e questo puรฒ creare frustrazione e scarsa voglia di giocare di nuovo. Dopo una partita a Risiko!, invece, se il vincitore puรฒ vantare la propria abilitร , gli sconfitti possono sentirsi semplicemente sfortunati: nessuno esce umiliato dalla partita e tutti sono dunque piรน disposti a rimettersi in gioco in una nuova tenzone. Anche lโesperto battuto dal pivello ha la proverbiale โfortuna del principianteโ da usare come capro espiatorio!
D’altro canto, รจ indubbio che lโabilitร conti nel determinare l’esito del gioco: altrimenti campionati e tornei non avrebbero senso e laureerebbero ogni volta una persona a caso fra tutti i partecipanti. Invece i campioni di Risiko! e di Coloni di Catan, di Backgammon e di Kingsburg esistono davvero. Tendono a vincere e rivincere, meritatamente, contro ogni legge di pura aleatorietร : a dimostrazione che dalla loro hanno la bravura, perfettamente esprimibile e premiante anche in giochi dove non tutto รจ deterministico e il caso ha la sua parte. La presenza di un fattore aleatorio รจ in effetti un’ulteriore sfida all’abilitร dei giocatori, che devono dimostrarsi piรน reattivi e capaci di pianificare tenendo conto di fattori non scontati e nรฉ prevedibili, se non in termini probabilistici.
Chissร se รจ per tutti questi motivi che negli anni โ80 lโIslanda imponeva una tassa doganale del 110% su qualunque gioco privo di dadi giunto nel paese, esonerando invece chiunque avesse inserito nella confezione il piรน classico dei materiali ludico-aleatori. Lo ha imparato a proprie spese Mike Woods, autore e autoproduttore di Take, che lo ha scoperto alla prima spedizione e pur di non pagare lโinviso balzello si รจ fatto rispedire indietro 500 copie del gioco, ne ha riadattato le regole per aggiungervi un paio di dadi, ha fatto provare questo Take 2 ai doganieri islandesi e una volta avuta la loro approvazione ha riconfezionato il gioco includendovi regolamenti bilingue e per lโappunto un migliaio di dadi. Li avesse inseriti da subito, avrebbe risparmiato tempo ed energie!
Giochi di intelligenza e di fortuna avrebbero comunque, secondo i greci, la stessa origine. Omero ci narra di Palamede: geniale e creativo, fissรฒ il conto dei mesi sulla luna e degli anni sul sole. Inventรฒ la moneta, unitร di misura, il faro e il carro. E Sofocle attribuisce allo stesso Palamede lโinvenzione sia dei dadi che degli scacchi, per alleviare ai compagni il tedio del decennale assedio di Troia. Certo fece una brutta fine, anche a causa del geloso Ulisse: ma i randomizzatori ludici gli sono sopravvissuti.
In veritร , mito a parte, esistono da assai prima di lui e si usano da millenni. In origine pare servissero per divinare il futuro, una moda dura a morire: cโรจ chi ha letto e legge il futuro in astragali e dadi, nelle tessere del domino, nelle carte da gioco, nei tarocchi (oggi strumento di cartomanzia benchรฉ siano nati nel Rinascimento come ben piรน serio oggetto ludico), nelle monete lanciate a testa e croce per consultare il libro dell’I Ching. Anche chi fa un solitario a carte interroga a volte il destino, ponendo una domanda che avrร risposta affermativa se il solitario riesce e negativa se fallisce. Anni fa, su una televisione privata romana si รจ vista perfino una cartomante ricorrere alle carte di Magic LโAdunanza, certo assai evocative con le loro misteriose illustrazioni. Ma รจ soprattutto a fini ludici che astragali, conchiglie, bastoncini tondi da un lato e piatti dall’altro, monete, dischetti di pietra lavica dipinti, chicchi di mais bruciati su un lato e altri oggetti ancora vengono lanciati in aria fin da tempi preistorici a mostrare un lato piuttosto che l’altro, a offrire risultati alternativi. Si fanno girare roulettine e piroettare girli, si mescolano ed estraggono carte: tutto per aggiungere un po’ di variabilitร e sorpresa al corso delle partite.
Perchรฉ senza di loro un gioco รจ prevedibile. L’unica incognita รจ il comportamento degli avversari: ma se anzichรฉ giocare in contemporanea, come si fa a Diplomacy o nel dilemma del prigioniero, i turni si alternano, anche quella incognita ha effetti limitati perchรฉ al momento di muovere ciascuno ha la piena conoscenza delle mosse altrui fino a quel momento come degli effetti delle proprie.
Si ha allora un gioco a informazione perfetta: una sfida del tutto intellettuale, senza un pizzico d’azzardo, che puรฒ essere affrontata come un astratto problema da risolvere. Tanto che in questi giochi si sviluppa spesso una ricca problemistica. E come per tutti i problemi, anche a questi giochi prima o poi si puรฒ trovare una soluzione: tanto che per alcuni di essi, detti appunto risolti, si conoscono strategie ottimali che portano invariabilmente alla vittoria, o per lo meno evitano infallibilmente la sconfitta, del giocatore che le applica. Giochi del genere sono ormai di interesse nullo per chiunque conosca tale strategia, come trenini smontati di cui si sia potuto osservare l’interessante meccanismo interno ma che non siano ormai piรน in grado di marciare sui binari.
ร accaduto per esempio a Neutron, gioco di scacchiera inventato da Robert A. Kraus e apparso nell’estate 1978 sul n. 71 della rivista โGames and Puzzlesโ: gli appassionati italiani lo hanno accolto con grande favore, tanto che nel 1981 se n’รจ addirittura tenuto un campionato nazionale, ma la seconda edizione del torneo non ha avuto luogo perchรฉ nel frattempo il gioco รจ stato risolto ed รจ rapidamente finito nell’oblio. La presenza di unย fattore casuale mette invece al riparo da simili rischi, impedendo che un gioco si possa risolvere.
In piรน la casualitร consente rituali scaramantici che, ammettiamolo, fanno parte del gioco anch’essi. Ci regala il gusto di โspizzareโ, โsucchiellareโ o โspillareโ le carte ricevute, non guardandole tutte di colpo ma aprendone pian piano il ventaglio un angolo dopo l’altro; quello di โgufareโ i tiri di dado altrui invocando la malasorte sullโavversario; quello di โscaricareโ il dado cercando di ottenere una serie di risultati alti prima di effettuare il โlancio buonoโ se lo si vuole basso o viceversa, per un’erronea interpretazione della legge dei grandi numeri; quello di irridere il superstizioso che per l’appunto โscaricaโ i dadi.
Come tutti i rituali, nel gioco anche questi hanno la loro importanza e contribuiscono a rendere divertente, almeno ai piรน, la multiforme e sfaccettata esperienza ludica.
In conclusione, lasciatemi concordare con Callois: la casualitร รจ una componente fondamentale dei giochi. Ciรฒ non impedisce a titoli che ne sono privi di essere belli: apprezzo molto gli scacchi e Othello, Forza 4 e Quoridor, Hex e molti altri. Ma lasciatemi dire che non riesco a trovarli migliori solo perchรฉ manca loro qualcosa!
Andrea Angiolino, eletto Personalitร Ludica dell’Anno nel 2007.
Il Ministero della Pubblica Istruzione lo ha nominato Esperto inventore di giochi; nel 2004 ha ricevuto il primo dei Best of Show alla carriera dati da Lucca Games.
Giornalista, ha ideato vari giochi di ruolo e da tavolo, il piรน famoso dei quali รจ indubbiamente il sistema โWings of Warโ (Nexus Editrice, con P. G. Paglia), che ha venduto mezzo milione di pezzi e oggi riappare come โWings of Gloryโ.
Ha creato giochi per radio e televisione, per riviste, per pubblicitร , per formazione aziendale, per eventi, per computer, per Internet.
Ha pubblicato decine di libri, tra cui il โDizionario dei giochiโ ed. Zanichelli (con B. Sidoti).
Le sue opere sono tradotte in una quindicina di lingue.