Dieci anni di wargame tridimensionale in poche righe, e che ci vuole?
Beh… in realtà potrebbe volerci meno del previsto, perché a fronte delle tante uscite che ci sono state ben poche hanno superato la prova del tempo!
Giocare a un wargame 3D è una attività molto più impegnativa che farlo con un boardgame, e questa differenza è ancora più marcata quando si la si analizza dal punto di vista della produzione e della distribuzione. Per non parlare poi dei costi iniziali, semplicemente mostruosi nel caso dei wargame con miniature.
Non a caso, quindi, esistono molte ditte che propongono linee di miniature slegate da qualsiasi contesto, così come sono molti gli autori di manuali non hanno una linea di miniature dedicate.
Così come non è un caso che chi entra in questo mondo con regolamento e linea di miniature dedicate, lo fa inizialmente sempre proponendo una simulazione di livello schermaglia, che si può sostanziare con poche uscite iniziali. È poi evidente che nelle intenzioni ogni sistema è pensato nella speranza che possa crescere fino allo scontro su larga scala.
Tuttavia non tutte le ditte durano così a lungo, anzi è purtroppo vero il contrario. E questa situazione è ancora più vera sul mercato italiano, dove anche prodotti che altrove riscuotono interessanti successi trovano non poche difficoltà di distribuzione… quando riescono ad averla.
Questo è quello che è successo, per esempio, a Warmachine e Horde, entrambi della Privateer Press. Fondata nel 2000, la ditta statunitense propose, con il manuale di Warmachine Prime (da noi uscito nel 2003 e ribattezzato Primus), un gioco nuovo con una ambientazione originale, aggressiva e dal design innovativo. Il gioco ebbe un buon successo, tanto che nel 2006 uscì Hordes, che proponeva la stessa ambientazione con una matrice più fantasy. La Privateer Press fece degli Iron Kingdomes, il mondo immaginario in cui sono ambientati Warmachine e Hordes, un prodotto a 360°, producendo un gioco di ruolo ivi ambientato, e una serie di giochi in scatola dedicati, come Grind e Bodgers. Non soddisfatti del successo ottenuto, hanno poi prodotto MonsterPocalypse, un gioco di miniature collezionabile in cui i giocatori guidano mostri e robot giganti all'interno di una città che verrà letteralmente rasa al suolo dai contendenti.
A tutt’oggi la Privateer continua nella sua opera, avendo mirato saggiamente a crearsi nel tempo un pubblico fedele, ampliando la sua offerta di modelli e avendo saputo adattare la sua produzione alla plastica quando il costo del metallo aveva superato la soglia critica.
Ma tutto questo, da noi, non ha trovato adeguato riscontro commerciale, tant’è che negli ultimi anni gli editori hanno abbandonato il gioco organizzato e la localizzazione in Italia, continuando solo la distribuzione in lingua originale.
Destino forse iniquo, ma di certo meno crudele di quello toccato invece alla Rackham, che con Confrontation sembrava doversi imporre sul mercato con una certa facilità. Purtroppo la Rackham ebbe diverse sfortune, in parte causate da scelte di mercato discutibili.
Questo nonostante un costante impegno da parte degli autori, che nel tempo crearono varie evoluzioni di Confrontation, fino a culminare con Ragnarock per passare dal livello di schermaglia a quello dello scontro di massa.
Al culmine della sua ascesa la Rackham vantava anche la pubblicazione di Ravage, una rivista dedicata, una linea di colori modellistici e molti altri accessori da gioco.
Aprì un ulteriore fronte con un grande prodotto, il noto AT-43. Anche qui con coraggio, dissociandosi dall’abitudine di creare un gioco fantascientifico basato su una precedente ambientazione fantasy di successo, la Rackham decise di creare un prodotto nuovo, anch’esso ricco di idee valide.
Difficile dire cosa esattamente non ha funzionato; probabilmente la scelta di passare dal metallo alla plastica predipinta può aver influito sulle vendite, così come una politica di modelli le cui uscite spesso rendevano obsoleti quelli delle precedenti può aver indispettito molti giocatori. Fatto sta che dopo aver viaggiato a lungo in cattive acque, la Rackham ha definitivamente chiuso i battenti.
Anche in questo caso, l’Italia ha brillato per una diffusione tutt’altro che capillare, benché esistano gruppi di appassionati che non solo hanno supportato all’epoca le varie linee di prodotto, ma che le stanno tutt'ora portando avanti.
E parlando di gruppi di irriducibili appassionati come non citare Mutant Chronicles? Il "marchio maledetto" dei wargame; non è riuscito a imporsi nonostante le sue varie incarnazioni, le uscite in edicola con l’editore Hobby & Work, la presenza di un gioco di ruolo e persino di un gioco di carte… Insomma per le cronache mutanti nulla da fare.
Però, nonostante tutto il gioco continua a essere seguito, su scala nazionale, anche se oramai da anni non è più in distribuzione.
Forse vi starete chiedendo: ma non sarà la distribuzione l’anello debole della catena? Per avere la risposta bisogna passare da un’altra domanda: Cosa si giocava dieci anni fa e si gioca ancora oggi?
Dipende dal territorio osservato: per l'Italia la risposta si limita a un unico nome, ovvero Games Workshop.
Il successo della casa di Nottingham è in buona parte legato al merito di aver impostato una sua distribuzione attraverso la quale creare il proprio mercato. Questa politica le ha permesso di operare ininterrottamente dal 1975 a oggi, nonostante le periodiche crisi di un mercato tutt’altro che facile.
E non son state tutte rose e fiori: Ai due giochi storici della GW, ovvero Warhammer Fantasy Battle e Warhammer 40.000, nel 2001 è stato affiancato Il gioco di battaglie strategiche del Signore degli Anelli. Cavalcando l'onda del successo dei film, il gioco ha cercando di scavarsi una nicchia nel cuore dei giocatori. Non andò benissimo, anzi andò proprio male! Al punto che le perdite causate dagli investimenti fecero tremare il colosso inglese, che però si riprese e portò coraggiosamente avanti il progetto fino all'attuale incarnazione de La Guerra dell'Anello.
La Games Workshop non ha mai sottovalutato il ruolo centrale del cliente; un’attenzione maniacale che è culminata nella edizione nostrana del Games Day; un evento tutto GW che dal 2007 è diventato il punto di incontro nazionale per gli appassionati italiani dell'azienda, che vi accorrono a frotte.
Insomma in un periodo in cui la crisi ha messo tutti in ginocchio, la GW non ha fatto eccezione ma è riuscita a uscirne, a festeggiare anniversari importanti e a guardare al futuro se non con sfrenato ottimismo almeno con serena speranza.
Se questo articolo lo avessi scritto solo qualche mese fa, sarebbe finito qui!
E se la qualità delle prime produzioni poteva definirsi decisamente inferiore allo standard di mercato, nelle ultime uscite si è decisamente alzata. Oltre alla linea di miniature, la Mantic ha presentato da noi (in occasione di Lucca Games 2010) un suo regolamento per il gioco di battaglie, ovvero Kings of War.
A differenza delle altre case, la Mantic è partita immediatamente proponendo armate complete, evidentemente facendosi forte anche dell’attrattiva esercitata dai propri prodotti su quegli appassionati di Warhammer che erano alla ricerca di una alternativa più economica al prodotto GW. Oggi la Mantic è una giovane realtà che sta continuando a proporre nuove armate, ma riuscirà a proseguire dove altri nomi sono caduti?
Lo scopriremo assieme, non temete.
Questo, a grandi linee, è lo scenario in cui si muovono gli appassionati del wargame tridimensionale fantastico. Grandi realtà commerciali che, con alterne fortune, creano in continuazione nuovi mondi e nuove scuse per darsele di santa ragione sui tavoli da gioco. Ma cosa succede in un altro mondo, parallelo a quelle che vi abbiamo appena descritto, il mondo dal quale è partita questa avventura? Il mondo, in altre parole, del wargame tridimensionale storico?
A chi conosce l’ambiente queste tre ultime parole fanno subito venire in mente un gruppetto di signori, magari un po’ attempati e coi capelli bianchi, che si dedicano a ricostruire oscuri conflitti quasi dimenticati utilizzando altrettanto oscuri manuali di regole. Si riuniscono in club esclusivi, mantengono uno sdegnato distacco da tutto ciò che definiscono sommariamente “fantasy” e si considerano gli unici veri detentori dell’antica arte della simulazione bellica, diretta discendente del kriegspiel prussiano.
E’ realistica una visione del genere? In parte, almeno per quelli che erano i primi anni di vita del wargame, potremmo anche dire di sì. Ma in effetti, la realtà è più complicata di quello che immaginiamo.
Anche il settore storico ha vissuto una lunga evoluzione, passando dal settarismo per pochi iniziati delle origini ad una diffusione più massiccia dell’hobby, anche grazie al moltiplicarsi delle convention di settore in tutto il mondo (prima nazione tra tutte, manco a dirlo, la Gran Bretagna). E non sono nemmeno mancate le sovrapposizioni con il mondo del wargame fantastico, con la nascita di una tipologia di giocatori quasi impensabile fino a tutti gli anni novanta: l’“ibrido”, un wargamer che si dedica allo storico ma non si tira di certo indietro di fronte alla prospettiva di una buona partita a Warhammer.
In questo senso, non è certamente un caso se la Games Workshop ha dato vita ad una apprezzatissima linea di regolamenti storici diretta evoluzione dei suoi sistemi di gioco, poi divenuta del tutto indipendente dalla casa madre; oggi, i manuali della linea Warhammer Historical sono conosciuti da tutti gli appassionati e per alcuni periodi hanno definito degli standard di riferimento irrinunciabili (pensiamo agli ottimi Warhammer Ancient Battles e Warmaster Ancients).
In una situazione così complessa e frastagliata come quella del wargame storico non è però possibile stilare un elenco di manuali e case produttrici. Sono semplicemente troppi.
Il problema è di natura commerciale; una difficoltà insita nella stessa natura della miniatura storica.
Se infatti la creazione di un’ambientazione fantastica, nella quale si muovono unità con una caratterizzazione specifica, permette ad una casa produttrice di imporre sostanzialmente l’utilizzo dei propri pezzi, per giocare al proprio regolamento (solo la Games Workshop produce i “veri” Tiranidi o i “veri” Skaven con la loro “vera” Fornace della Peste), un battaglione di Landwehr prussiana del 1815 o un carro armato Sherman Firefly del 1944 sono tali indipendentemente dalla casa produttrice. Ciò ha provocato il formarsi di uno scenario commerciale in cui le aziende non hanno potuto creare standard univoci (ne è riprova la proliferaione di scale diverse che da sempre affligge i vari regolamenti, costretti a prevedere set di misurazioni diverse per pezzi in scala 10, 15 o 28mm…), ma d’altro canto ha anche fornito una miriade di opzioni diverse ai giocatori, che hanno potuto scegliere le miniature che preferivano e i sistemi di gioco che ritenevano più rispondenti ai loro gusti.
Negli ultimi anni, però, pur non assumendo il carattere di esclusività oligopolistica che caratterizza il mondo del wargame non storico, sono nate alcune realtà di ottimo livello che sono riuscite a coniugare il loro sistema di gioco con una linea proprietaria di miniature.
Un nome che viene alla mente è quello dello neozelandese Battlefront e del manuale Flames of War. Nato nel 2002, questo sistema di gioco ambientato nella Seconda Guerra Mondiale (suddivisa nei suoi tre periodi principali: 1939-41, 1942-43 e 1944-45) riprendeva molti elementi del tattico fantascientifico Warhammer 40.000, li univa ad una impressionante linea di miniature in scala 15mm (probabilmente è l’unica ditta di miniature che produce contemporaneamente tutte le varianti del Panzer IV, comprese quelle prodotte in pochissimi esemplari), e introduceva anche nel mondo dello storico concetti come un sistema su vasta scala per l’acquisto a punti delle unità, regole per i personaggi speciali, scenari di gioco generici. Il risultato è un regolamento veloce e anche sufficientemente “tattico”, pur se con molti compromessi in termini di realismo e di plausibilità storica (se avesse potuto lanciare così tanti carri armati tutti insieme nello stesso punto del fronte, il nostro esercito controllerebbe ancora buona parte della Libia e dell’Egitto!).
Se Battlefront con il suo regolamento, i relativi supplementi e il sempre crescente catalogo di miniature e accessori commercializzati in tutto il mondo si è sostanzialmente proposta come l’equivalente della Games Workshop per il mondo del wargame storico, anche altre ditte hanno seguito il suo esempio.
Tanto per essere patriottici, possiamo per esempio parlare di un esperimento intrapreso proprio da noi italiani, anche se sfortunatamente non del tutto riuscito. Il titolo Operation Overlord dirà senz’altro qualcosa agli appassionati dei wargame ambientati nella Seconda Guerra Mondiale. Apparso sul mercato in una gigantesca scatola base corredata di regolamenti, carte e una vera messe di miniature, Operation Overlord rappresentava il tentativo della notissima Italeri di sfondare definitivamente nel settore dei wargames. Il regolamento aveva dalla sua alcune meccaniche innovative – pensiamo soprattutto alla gestione dell’iniziativa tramite le carte ordini – e introduceva in modo semplificato elementi come la visibilità e la nebbia di guerra, ottenendo un buon livello di realismo. Peccato che la Italeri non abbia creduto fino in fondo al progetto: invece di produrre set di miniature appositi per il gioco ha preferito “riciclare” le sue scatole già esistenti, lasciando alcuni “buchi” nella rappresentazione delle unità e dei veicoli. Così, dopo alcuni anni, la Italeri ha ufficialmente rinunciato allo sviluppo di nuove espansioni, spingendo gli autori del gioco a pubblicare gratuitamente il regolamento base e tutti i moduli aggiuntivi. Allo stato attuale, Operation Overlord è seguito da pochi ma fedelissimi appassionati ed è un vero peccato che un sistema così promettente non sia stato adeguatamente supportato a livello commerciale.
Ma nel mondo dei regolamenti tridimensionali storico non va tutto così male. Anzi, va detto che il settore sta conoscendo una vera e propria rinascita proprio negli ultimi due-tre anni, con la comparsa dei kit in 28mm in plastica rigida. Improvvisamente, anche i wargamer storici più incalliti (i grognards o “brontoloni”, soprannome affettuoso dato ai Granatieri della Guardia Imperiale napoleonica e che ben si addice ai vecchi giocatori attempati di cui sopra) hanno potuto disporre di scatole che, a costi decisamente contenuti, mettevano nelle loro mani decine di pezzi riposizionabili, convertibili e facilmente pitturabili.
Una vera rivoluzione, insomma, che ditte come Warlord Games, Victrix e Perry Miniatures hanno iniziato e che ancora oggi stanno cavalcando.
In particolare, la Warlord ha creato un proprio regolamento, Black Powder, che copre tutto il periodo del cosiddetto “Horse and Musket” (1700-1900), supportato da un ottimo catalogo di miniature in plastica per la truppa e pezzi in piombo per i comandanti e i personaggi speciali. La stessa società produce set molto accurati per periodi come la Guerra Civile Inglese e la Guerra dei Trent’Anni, ma soprattutto appare lanciatissima in due periodi chiave come la Seconda Guerra Mondiale e le guerre dell’antichità. Proprio per questi due periodi, i designer della casa stanno mettendo a punto dei regolamenti specifici sulla falsariga del già apprezzato Black Powder.
Se poi ci spostiamo nel mondo della manualistica ludica avulsa dalla produzione di miniature, come già detto ci si presenta davanti una situazione estremamente frammentata.
Centinaia di manuali scritti nell’arco di vari decenni, gruppi di giocatori che si appassionano ad un sistema specifico o “vagano” da un regolamento all’altro magari finendo con lo scriversi da soli le proprie regole di gioco, decine di ditte che vivono in realtà commerciali di piccola entità. Uno scenario che è uscito dagli ambienti amatoriali ma che nella maggior parte dei casi ancora non riesce ad acquisire una propria connotazione economica più rilevante.
Vi sono però, come è ovvio, delle eccezioni:
Oltre alla già nominata Warhammer Historical, che a suo tempo poté usufruire delle risorse della casa madre Games Workshop e che ora cammina molto bene con le proprie gambe, possiamo citare il caso del diffusissimo De Bellis Antiquitatis di Phil Barker (wargame piuttosto astratto, che alcuni non considerano nemmeno una simulazione in senso stretto, ma che ha raccolto nel mondo migliaia di giocatori) o della Slitherine e del suo sistema Field of Glory. Quest’ultimo regolamento, poi supportato da una lunga serie di moduli aggiuntivi che hanno progressivamente coperto tutta l’antichità e il medioevo fino al rinascimento, si è ormai imposto come uno standard di riferimento grazie a meccaniche di buona giocabilità e con una eccellente ricostruzione delle tattiche storiche.
Ma, e ci fa piacere chiudere con una punta di orgoglio nazionale: siamo stati proprio noi italiani a dare un’ulteriore scossa al settore, grazie alla piccola ma prolifica casa editrice Ganesha Games. Gli autori della Ganesha hanno infatti creato una serie di manuali, venduti a prezzi decisamente economici sia in PDF che in formato cartaceo, per un gioco di schermaglia con un un numero limitato di modelli. Questi hanno incontrato il favore dei giocatori di tutto il mondo grazie alla loro immediatezza e alla possibilità di utilizzare qualsiasi tipo di miniatura di qualsiasi ambientazione grazie ad un versatile sistema di acquisto delle caratteristiche e degli armamenti.
Con un sistema di attivazione tanto innovativo quanto emozionante per simulare il caos degli scontri tra piccole squadre di combattenti, i manuali di Ganesha hanno fatto i primi passi nel mondo del fantasy grazie al regolamento Canto degli Eroi. Poi, nel 2009, la decisione di sbarcare nel mondo dello storico con il napoleonico Song of Drums and Shakos. Una mossa azzeccata visto che il manuale è riuscito subito a vincere l’ambitissimo premio Origin come miglior regolamento di wargame storico dell’anno, e ha dato vita ad una serie di tornei e comunità di gioco, rendendo improvvisamente accessibile a tutti un genere ludico così “elitario” come la simulazione del periodo napoleonico. Da qui, poi, Ganesha Games ha proseguito, proponendo Flying Lead (per gli scontri del periodo moderno, con adattamenti per la Seconda Guerra Mondiale) e ‘61-’65, una simulazione per gli scontri a livello di compagnia nella Guerra Civile Americana.
Proprio quest’ultimo titolo ci permette di capire quale sia la nuova frontiera per il sistema di base utilizzato un po’ da tutti i manuali Ganesha: il passaggio dai regolamenti di schermaglia con pochi pezzi per parte alla simulazione di scontri più grandi, arrivando alle grandi battaglie campali.
Insomma, come vedete, il mondo del wargame ha fatto passi da gigante e forse il buon H. G. Wells, che nel 1913 con il suo “Piccole Guerre” parlò per primo al grande pubblico di questo strano e affascinante hobby per gentiluomini, stenterebbe a riconoscere la realtà ludica di oggi.
Tuttavia, la storia del wargame tridimensionale non si ferma certo qui e continuerà a riservarci molte sorprese anche per il futuro. Sorprese che noi cercheremo di raccontarvi, continuando a spostare eserciti di soldatini e a combattere le uniche guerre veramente degne di essere combattute: quelle in cui si scontrano soltanto le intelligenze dei comandanti e in cui nessuno si fa male.
Stay tuned.
Lorenzo “Zerloon” Calvi.
Riccardo “Sinclair” Masini.